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Municipio VIII da un anno senza Pace e senza una guida. E le urne appaiono lontane

Nel Municipio commissariato nessuno è pronto per le elezioni

Il 16 marzo è una data con un significato particolare nel Municipio VIII. E' quello il giorno in cui, da parte dell'allora presidente Paolo Pace, sono state annunciate le proprie dimmissioni. A quella decisione, è seguito il tentativo dell'amministrazione capitolina, di dirimere una controversia decisamente sottovalutata. L'epilogo è noto. Un mese più tardi la Sindaca, con la sua squadra di governo, ha formalmente preso le redini del municipio.

Il tabù delle nuove elezioni

La ratifica delle dimissioni di Paolo Pace, insieme ad altri pentastellati poi passato con Fratelli d'Italia, ha sortito un effetto immediato. Ha ricompattato maggioranza ed opposizione nella richiesta di nuove elezioni. Da allora è trascorso un anno. Un tempo che non è stato sufficiente a garantire un ritorno al voto che, col passare dei mesi, si è trasformato in un tabù. Tutti lo invocano, ma quasi nessuno sembra realmente pronto ad affrontarlo.

L'unico candidato già disponibile

L'unica eccezione continua ad essere Amedeo Ciaccheri. L'ex capogruppo di SEL, ha annunciato la propria candidatura alla presidenza municipale già a dicembre. Lo ha fatto lanciando Super8 "una campagna di costruzione partecipata con cui puntiamo a coinvolgere il più ampio numero di persone possibile". Come ha recentemente ribadito "io ci sono", anche perchè "dopo un anno non possiamo più attendere, il tempo è scaduto". Prima di andare al voto, ci sono però alcuni problemi da risolvere.

La frammentazione della sinistra

Il nodo principale riguarda la frammentazione. Liberi e Uguali non è riuscita minimante a ricompattare  l'elettorato di sinistra. Anche i suoi principali rappresentanti sul territorio, sembrano procedere per ordine sparso.  Prova ne sia il fatto che, alle ultime elezioni, l'ex presidente Catarci ha dichiaratamente appoggiato Marta Bonafoni, una candidata della Lista Zingaretti. Venuto meno il progetto di unificare le varie anime, il rischio è che ognuna proceda per conto proprio. Rifondazione Comunista dovrebbe presentare una lista con un proprio candidato presidente anche se, in questo momento, regna il riserbo. Ancora più abbottonato è il Partito democratico. Il leader naturale è Enzo Foschi. I consensi per imporsi nelle primarie li avrebbe. Ma è rimasto scottato dalla precedente tornata elettorale quando, dopo aver annunciato la propria candidatura, ha dovuto ritirarla. Questa volta scenderebbe in campo solo con la certezza di poter correre. E vincere.

Quadro incerto anche a destra

Il quadro del centrosinistra è dunque frammentato e l'unica certezza è rappresentata dal tentativo di Ciaccheri di porsi come leader. Sul fronte opposto degli schieramenti, la situazione appare speculare. Anche nel centrodestra c'è un candidato che vorrebbe la possibilità di correre per tutto lo schieramento. E, come nel caso di Ciaccheri, non è espressione del partito numericamente più forte. Si tratta di Alessio Scime', già capogruppo di Fratelli d'Italia nell'ultima tornata elettorale. "Basta rinvii e basta silenzi – ha scritto mercoledo 14 in un post su facebook – I cittadini e tutte le forze politiche chiedono da mesi l' indizione delle elezioni amministrative per restituire un governo municipale democraticamente scelto dal popolo e che restituisca al Municipio una guida stabile". Il punto è che, quel ruolo, potrebbe essere rivendicato anche da Simone Foglio. Il vicecoordinatore di Forza Italia era pronto a ricoprire la carica di consigliere comunale al posto di Davide Bordoni, nel caso quest'ultimo fosse stato eletto. Ma nel collegio ha prevalso Prestipino (PD) e Bordoni dovrà restare in Campidoglio. Motivo per cui, la scelta di Scimè come candidato per il centrodestra, non appare scontata.

Cinque stelle senza guida

Anche in casa Cinque Stelle regna una totale incertezza. "A noi mancano anche i candidati da presentare in lista" ammette un ex consigliere pentastellato. C'è anche il problema di stabilire chi potrebbe ricoprire il ruolo di presidente. Tra l'altro, la corrente dei cosiddetti Talebani, è ancora forte. Forse preponderante. E sicuramente non è allineata con le scelte urbanistiche che, dopo l'addio di Paolo Berdini, il Campidoglio sta inanellando sul territorio. Da piazza dei Navigatori agli ex Mercati Generali. Servirebbe una figura di raccordo, in grado di ricostruire unanime consenso all'interno del gruppo. Un ruolo che potrebbe essere ricoperto da Carlo Cafarotti ma che, il diretto interessato, non sembra interessato neppure a considerare. In questo quadro dominato da un'incertezza generale, rimandare le elezioni può risultare un'ottima strategia. Conveniente praticamente a tutti, non solo ai cinque stelle.

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